Oramai sta divenendo una triste abitudine del malcostume italiano adattato all'ambito politico quello di dichiarare, ad ogni finanziaria, tagli su servizi che, anche il più inetto e superficiale dei cittadini, riterrebbero SACROSANTI E FONDAMENTALI in uno stato dove non è che la pressione fiscale e le tasse siano bazzegole. Eppure, come già detto, sta diventando un'abitudine: ad ogni finanziaria il ministro Tremonti annuncia tagli dei finanziamenti alle scuole (private e pubbliche), salvo poi rimangiarsi i tagli ai privati il mattino seguente. E si poteva esimersi dal continuare tale tradizione anche quest'anno? Certo che no.
La sceneggiata è puntualmente replicata anche quest'anno (taglio previsto di 250 milioni di euro ed immediato <<DIETROFRONT!>> senza neanche il minimo sforzo da parte di quelle che, oramai, potremmo tranquillamente chiamare "gerarchie scolastiche" che hanno grandi interessi nel mantenere aperte (a spese dello Stato) i loro istituti privati (i quali, a dirla tutta, camperebbero più che dignitosamente anche con i soli introiti provenienti dalle salatissime rette, alle quali i "papi" di novelli pariolini sono "obbligati" per garantire un'istruzione "fuori dalla massa" ai loro cucciolotti, troppo borghesi per esser mescolati alla marmaglia di una scuola pubblica.
E s'è vero che il mito s'incarna nella lotta, la gente di questo stato dovrebbe dilaniare l'immobilismo che la contraddistingue da anni, ribellarsi e scendere in piazza davanti l'ennesimo sopruso subito o programmato, che come una scure si agita sulle teste delle generazioni che verranno: È QUESTA L'ITALIA CHE VOGLIAMO LASCIARE AI NOSTRI FIGLI?
E naturalmente, mentre la scuola privata si prende la sua consistente fetta di torta invariata, rimangono, in tutta la loro drammaticità, i tagli alla scuola pubblica, a cui vengono sottratte anche le ultime bricioline rimaste a conferma dell'intenzione di questo governo di centrodestra di spingere sull'acceleratore in direzione di una totale privatizzazione della scuola, della ricerca, della sanità, dei trasporti ed in tutti gli altri settori (della conoscenza e non solo) che un tempo erano giudicati senza scandalo COSA PUBBLICA. Beni che ogni stato con la "S" maiuscola si guarderebbe bene dallo svendere al miglior offerente; ma non in Italia.
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